Mercoledì, 15 Maggio 2019 15:50

Liberante

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Liberante Photo by Aishath Naj on Unsplash

Fino alla soglia, di quella tanto fantasticata “porta carraia”. Per una persona detenuta il giorno più bello è solo uno, quello della scarcerazione. Ma cosa succede quando ti si chiudono i cancelli del carcere alle spalle. Inizia un nuovo percorso che la maggior parte delle volte può essere ancora più difficile della detenzione stessa. Rientrare in famiglia, cercare un lavoro, affrontare una società mutata e pregiudizievole dove per forza di cose, sei e rimani un "etichettato".

Se c’è un luogo in cui si parla molto di libertà, quello è proprio il carcere. Il passaggio più sognato e allo stesso tempo più temuto, per un detenuto, è quello che dalla vita dietro le sbarre, ti riporta alla libertà. Questa fase non è per niente facile, infatti, come dice Antonello Venditti: “e quando pensi che sia finita, è proprio allora che comincia la salita”.
Una volta uscito, sono davvero tante le problematiche che incontri, rispetto al mondo “libero” e al proprio ambito familiare. L’inquietudine che il liberante vive negli ultimi giorni di detenzione, è a dir poco logorante, in un attimo infatti si rivive tutto il tempo passato in cella, i sogni, gli incubi, le paure e le aspettative di tutti i giorni, in bilico, tra dura realtà del carcere e il dolce miraggio dell’imminente libertà. Una libertà fatta di tentazioni del passato e di molteplici difficoltà per il futuro.

Sono tanti i gesti quotidiani che raccontano bene cos’è il carcere: fare un nodo particolare alle lenzuola, perché sul letto della propria cella si vive tutto il giorno, cucinare con un fornelletto a gas, fare una partita a scala quaranta per passare il tempo libero, fare la spesa solo in alcuni giorni stabiliti della settimana, scrivere una “domandina” da inviare alla direzione del carcere per ottenere prodotti e generi alimentari che non vengono distribuiti dall'amministrazione penitenziaria. In tutte queste azioni la giustizia, la libertà e la pace, risultano essere stanche, perché vengono considerate sempre troppo “serie” e ritrovandosi a giocare tutte e tre a nascondino, ci si rende conto che, a volte, la libertà si nasconde dietro la parola “verità”, la pace trova nascondiglio dietro la parola “guerra” e la giustizia invece si rintana ben bene dietro la parola “carcere”, dove risulta difficile trovarla.
Il carcere ti cambia e quello che hai lasciato fuori, con gli anni quasi sicuramente non è più come prima (nel bene o nel male). Vivi per mesi e per anni con persone a te estranee. Parli dei tuoi problemi con educatori e psicologi e poi finalmente in una mattina da sogno vengono e ti dicono: “sei liberante”. A quel punto tu non sai se è più forte la gioia di uscire e di riabbracciare i tuoi cari, o la paura per quello che troverai fuori.

Le domande che ti frullano per la testa in quel momento sono tante, del tipo, ma i miei cari mi vorranno ancora bene come un tempo? Riserveranno del rancore per quello che gli ho fatto passare? La mia compagna dopo questa lunga assenza mi riaccetterà nella sua vita? I miei figli, mi rivorranno dopo tutta la sofferenza che gli ho procurato, accogliendomi di nuovo nella loro quotidianità costruita in questa mia lunga assenza senza di me?
Domande importanti, che diventano concrete, solo nel momento in cui ti chiamano liberante. Domande per niente semplici, che non trovano facili risposte e che nelle migliori speranze/illusioni da li in poi potrebbero farti scoprire un mondo dove comunque vieni sempre e inevitabilmente etichettato per quello che sei stato e non magari per quello che sei diventato…

C. D. B.

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