Ma come si dice solo le persone stupide rimangono sempre della stessa idea e così dal 2014 ho scoperto che Decatlon non era il nome di una catena di ristoranti, ma quello di un mega-store di attrezzatura sportiva. Sono partito direttamente da zero iniziando a correre (correre mi sembra una parola grossa, ma datemi qualche soddisfazione) e passetto dopo passetto ho migliorato i miei tempi che all’inizio si potevano misurare con il calendario invece che con l’orologio. Ora per percorrere dieci chilometri impiego meno di un’ora e dalla penultima posizione conquistata alla prima corsa intorno alle mura del carcere quest’anno sono arrivato 50° su 77.
Correre all’aria del carcere (un quadrato di cemento dal perimetro di 90 metri e circondato da alte mura) è però di una monotonia insuperabile e così alla ricerca di nuovi stimoli e considerando anche che l’estate è il periodo più difficile da trascorrere se si è detenuti (questa poi è la mia settima consecutiva) ho dato retta a un tenace compagno detenuto, M., che mi aveva sempre invitato a fare boxe con lui. M. aveva seguito le lezioni al Blocco A e disputato anche qualche incontro (lo avevamo raccontato nel numero 1 della rivista Letter@21). E così da metà luglio, tre volte a settimana, sono sceso all’aria cercando di imparare la differenza tra un diretto e un montante, impegnandomi nell’apprendere le basi della tecnica. Nel frattempo, dopo tanti sforzi di M., si è concretizzata la possibilità di usufruire della palestra del blocco dove è stato montato, non senza le solite difficoltà burocratiche tipiche del carcere, il sacco. Ho acquistato le fasce per proteggere le mani, i guanti da sacco e i guantoni oltre ai paradenti e in una della prime lezioni, sono stato battezzato, ossia ho infilato i guantoni e simulando un round, che speravo finisse il prima possibile, ho preso una quantità impressionante di pugni (dicono che è indispensabile per imparare ma io per tre settimane non ho potuto girarmi nel letto, ero tutto un dolore). Insieme a noi si allenano anche i ragazzi della sezione rugby e alcuni oltre all’imponente mole fisica hanno praticato boxe in precedenza e la cosa che positivamente colpisce, oltre ai loro possenti pugni, è che si sono messi a completa disposizione dei neofiti per insegnare pazientemente la tecnica ed elargire consigli.
Nelle ultime settimane a lezione eravamo quasi quindici ed era davvero bello vedere come ognuno fosse impegnato con serietà e dedizione a fare qualcosa; c’era chi faceva vuoto, chi sacco, chi era sul ring virtuale disegnato per terra a simulare un incontro ed è stato un momento capace di abbattere tanti pregiudizi vedere come persone di nazionalità, vissuti e esperienze diversissime fossero unite e coinvolte per migliorarsi. Gente che magari in sezione a mala pena si saluta giù in palestra passa due ore insieme dandosi consigli e incentivandosi a vicenda e per la prima volta ho dato senso a quella ridondante frase che racconta quanto lo sport unisca.