Giovedì, 16 Febbraio 2023 11:44

73esima edizione del Festival di Sanremo, in teatro… non all’Ariston

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Foto di Austin Neill su Unsplash Foto di Austin Neill su Unsplash

Ecco, in genere febbraio è il mese ricordato per il freddo, la neve, il Carnevale nelle varie città del mondo ma anche d’Italia.

Poi c’è Sanremo, nota cittadina ligure famosa per i fiori. Ma anche per il concorso musicale, dove puntualmente si faranno illazioni sulla correttezza delle votazioni, per i vari cantanti che vi partecipano e che sono legati a case discografiche perennemente alla ricerca del cantante con il pezzo che occuperà le scene e le classifiche delle “hit parade”.

Ma a parte questi “gossip”, in Italia c’è una frenetica preparazione per il Festival già nei mesi precedenti. Su chi lo presenterà, quale abito indosseranno le co-conduttrici (in genere presenze femminili particolarmente attraenti e di talento), poi ci sarà il presentatore, che in genere è il “mattatore” della scena, si sindacherà sul budget e su tutta una serie di “pettegolezzi” per alimentare l’auditel di ascolto attorno al Festival. Quest’anno la macchina pubblicitaria, nel suo incedere come una rompighiaccio inarrestabile, aveva annunciato che al Festival si sarebbe collegato via web il “Presidente dell’Ucraina Zelensky”.
Notizia rettificata all’ultima ora e sostituita con la lettura di un suo messaggio.

Insieme alle nuove canzoni si sono riascoltati vecchi successi, sul palcoscenico c’erano, oltre a Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Albano, l’esibizione del trio canoro è stata superlativa.

Sanremo si è vestita di “nuovi colori rispetto al passato, facendosi “guardare”. Non è stata più solo passerella canora, ma uno spettacolo completo, che nel suo voler condividere il momento di giovialità, ha dispensato saluti e auguri per tutti, anche ai “ragazzi” detenuti dei vari Istituti correttivi minorili, grazie al monologo di Francesca Fagnani, scritto con i ragazzi del carcere minorile di Nisida. Un particolare questo, che dimostra l’eco di rimando che Sanremo può avere, e come non si debba avere timore di riflettere e parlare di tematiche che per molti non dovrebbero essere affrontate (lo share della serata e delle seguenti non hanno risentito del monologo).

Tornando al Festival, questa 73esima edizione ha visto i vari cantanti, noti e meno noti, gareggiare per quella che è e rimane una kermesse, un concorso da sempre simbolo dell’Italia canora. Un palcoscenico che occupa e propone differenti generi musicali, dove gli addetti ai lavori e il pubblico sono sempre attenti a scoprire nuovi talenti. Perché la musica da sempre è portatrice di gioia, di emozioni.

Come detto lo spettacolo in genere è seguito da buona parte degli italiani, per tradizione o per curiosità. Anche nelle carceri diviene un momento di aggregazione, per l’Italianità che il Festival vuole raccogliere e raccoglie, nonostante le critiche che ogni volta vengono puntualmente mosse. C’è da dire che i generi musicali proposti, per quanto vari, non raccolgono quella musica che in genere si ascolta volentieri e spesso. Molti in galera preferiscono un altro programma, non avendo Sanremo quella capacità di catturare lo spettatore detenuto, proprio perché il Festival sembra, anzi è, una vetrina in cui si ascolta qualcosa che poi farà emergere un vincitore, dove non ci sono sorprese ed in cui il cui pezzo musicale trionfante durante l’anno diverrà un tormentone infinito.

Alla fine delle quattro serate ci si preparerà a sentire, canticchiare e fischiettare i ritornelli delle hits che più sono piaciute a ognuno, oppure del pezzo che avrà fatto più presa, pur non classificandosi tra i primi. Ad esempio quello che ha preceduto il bacio di Rosa Chemical a Fedez. La stampa si è potuta scatenare nel gossip, la politica e la dirigenza RAI nell’indignazione, ma per la cronaca ha vinto Marco Mengoni, con un pezzo che ha saputo catturare le giurie.

Ai posteri i vari commenti.

Redazione

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