Martedì, 12 Luglio 2022 09:28

Affacciarsi alla finestra

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Photo by Mahdi Dastmard on Unsplash Photo by Mahdi Dastmard on Unsplash

Si dice che vive meglio chi riesce a dimenticare, ma io non sono d’accordo con questa affermazione, perché ritengo, invece, che è solo partendo dal proprio passato che si possa ritrovare quel che si è perso, raggiungendo così la consapevolezza che oltre la nostra memoria, la nostra ragione e oltre la fine, riiniziano sempre tantissime altre storie.

Nonostante siano passati molti anni da allora, ricordo ancora molto bene il mio primo giorno di galera. Ero giovane e volevo spaccare il mondo per sentirmi grande e indipendente. La mia vita in quel periodo aveva già preso un brutto andazzo, l’arresto fu duro.

Arrivai distrutto nella Casa Circondariale, mi fecero le foto di primo ingresso e fu dura resistere, ma visto il mio precario stato fisico, strinsi i denti e non reagii. Ero stanco, affamato e dolorante, quindi non vedevo l’ora che mi accompagnassero in una cella qualunque, dove avrei potuto riposarmi per nascondermi dai miei guai. Questo avvenne solo dopo più di quattro ore di attesa in una delle famose celle di transito, che assomigliano tanto ad un piccolo ripostiglio piuttosto che ad un luogo dove attendere.

Dopo essere stato assegnato al padiglione di pertinenza mi accompagnarono alla mia tanto fantasticata cella. Avevo un set di lenzuola, una coperta di canapa e due piatti di ferro in mano, entrai con sollievo in quella vuota e minuscola stanzetta, dove, sui muri, quelli che erano passati prima di me avevano lasciato un sacco di scritte piene di odio, rancore e insulti di ogni genere. La prima sensazione fu di orrore e tristezza, perché iniziai a capire che la realtà che mi era stata descritta dai più grandi era ben diversa dalla leggenda che avevano cercato di vendermi, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, quindi mi feci forza e affrontai il buio che mi aspettava. Passai una notte bruttissima, mi addormentavo e mi risvegliavo continuamente, mi mancava il respiro ed era come se mi sentissi soffocare. Girai, avanti e indietro per quella cella, tutta la notte, cercando qualcosa che potesse dare un senso a quel vuoto che si stava impossessando di me, ma non vi riuscii, perché in quel preciso momento mi resi conto di essere rimasto, per l’ennesima volta, solo.

Sono trascorsi tanti anni da quel giorno, gran parte di questi passati chiuso dentro una cella, ma tante cose sono cambiate da quando mi sono trasferito di carcere. Tra qualche mese compirò gli anni e sono molto diverso da quell’ingenuo e credulone ragazzino di allora. I miei obbiettivi sono decisamente mutati e questa cella è diventata davvero troppo piccola e angusta per contenere tutti i miei sogni e le mie speranze. Il percorso di reinserimento che ho effettuato è diventato veramente efficace solo quando ha iniziato a basarsi su attività sane, quali lo sport, la scuola e il lavoro. Certo nelle nostre condizioni, queste attività non sono mai abbastanza, ma se si riesce a farle possono diventare delle opportunità per programmarsi concretamente una nuova vita fuori. Lo sport, ad esempio, mi ha permesso di confrontarmi in maniera giusta con gli altri. L’acquisizione di un titolo di studio, invece, mi ha consentito di pensare con più chiarezza e onestà a cosa volevo fare del futuro. Il lavoro, infine, mi ha dato reddito, utile innanzitutto a migliorare le condizioni di vita quotidiane e soprattutto capace di offrirmi tutta quella serie di garanzie e referenze necessarie al mio effettivo rientro in società. In questo modo, inoltre, ho conosciuto parti e potenzialità a me sconosciute fino ad allora, che mi hanno reso forte dentro, dandomi nel tempo una consapevolezza e un’energia sempre maggiori.

Adesso, finalmente, ho il coraggio di essere ciò che sono sempre stato, ovvero un sognatore che ha voglia di vivere, conoscere e amare la vita, ma che a differenza di prima, ora lo vuole fare per davvero. Per fortuna, nonostante tutto quello che ho vissuto, riesco ancora a stupirmi delle bellezza di questo nuovo e curioso mondo e adesso, al contrario di prima, i miei desideri li posso veramente realizzare, sono concreti, limpidi e infinitamente più  appaganti di quelli che facevo quando ero solo un giovane ribelle.

Oggi sono sicuramente cambiato in meglio, e svolgo un lavoro che mi piace e mi gratifica. Vicino ho delle persone vere che credono in me e hanno fiducia in me e questo mi basta per sentirmi un uomo felice, in parte libero e appagato dalla vita. Certo sto riscontrando parecchie difficoltà in questo percorso di rinascita, ma ho la consapevolezza del mio passato e la determinazione del mio presente che mi sostengono, e sono sicuro, così, di poter arrivare a realizzare tutti gli obbiettivi che mi sto prefissando per il futuro. Affronto questa non facile parentesi della mia vita con sicurezza e caparbietà, perché adesso so cosa voglio e so quanto valgo, quindi lascio definitivamente gli spettri del passato in cerca di nuovi e migliori confini, e mi affaccio alla finestra guardando con ottimismo.

Redazione

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