Il punto è che se fuori la gente non vede l’ora che arrivi agosto, i detenuti vorrebbero che quel mese sparisse dal calendario, in carcere lo chiamano il mese morto.
Giorni in cui l’ansia si trasforma in amarezza e piattezza totale, le attività trattamentali sono di massima utilità per il detenuto, permettendogli di raggiungere una dimensione capace di dare senso al tempo e allo stesso momento di far dimenticare il luogo in cui si è, ma ad agosto in molti casi sono sospese.
Agosto è un mese bellissimo se devo attingere ai ricordi da persona libera provavo lo stesso fermento di chi è fuori per staccare, fermarsi, perciò capisco benissimo le esigenze e comprendo tutta la necessità che uno ha, ma ora la differenza la fa il posto. Qui, in carcere, le sensazioni sono contrarie, perché si percepisce nell’aria che il tempo si ferma di colpo, le giornate sono vuote e questo crea una sensazione di abbandono.
Qualcosa si potrebbe fare per colmare questo vuoto, ma ora c’è un altra cosa che si deve combattere e cercare di reprimere del tutto, ed è l’emergenza sanitaria mondiale, acuitasi proprio in concomitanza e con le vacanze, perché con esse il contagio è aumentato rischiando di compromettere i sacrifici che abbiamo fatto per emarginare questo virus.
M. A. P.