Martedì, 31 Ottobre 2023 18:02

Come ci si trova a lavorare con una persona in carcere

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Foto di Daniel McCullough su Unsplash Foto di Daniel McCullough su Unsplash

Personalmente, il rapporto che ho potuto instaurare con D. oltre all'ambito del “lavoro fra colleghi” è stato quello che verteva sul lato umano e personale: è una persona che per certi aspetti non viveva l'esperienza del “carcere” inteso come privazione di un qualcosa, assenza di un diritto prettamente legato alla persona, che fa vivere le emozioni.

Nel suo percorso di vita e di relazionarsi umano è riuscito a cambiare il suo essere, ritrovando il piacere della vita, forse in modo troppo pieno, tanto da costringerlo a scelte non facili a cui lui stesso impone delle regole. Persona sensibile nell'ambito della vita quotidiana, ma anche del lavoro, riesce ad essere stesso con una comunicatività prettamente sua. Lui vive il mondo e non si lascia vivere, ha abituato il proprio essere a delle regole che non gli permetteranno di “sbagliare” verso gli altri, e soprattutto verso di lui. È una persona disponibile, sempre, e in ogni momento antepone le cose degli altri alle sue.
Ma mantenere la delicatezza in un posto ove la durezza è la regola non è da tutti. Lui riesce a superare i fatti negativi con un'espressione che denota il suo disappunto, lasciando la possibilità a chi glielo legge in viso di capirlo, perché non vuole giudicare neppure essendo stato giudicato. Durante il lavoro ha sempre un sorriso per chi incrocia il suo sguardo, e quando vuole, benché sembri essere in un altro posto, lui accetta, comprende la profondità di un discorso e se non ha capito non rimane assente, ma chiede lumi.
Ognuno ha i suoi limiti, D. compreso, ma riesce a farli divenire dei pregi. Purtroppo, quando si convive, per qualunque ragione, possono emergere antipatia o simpatia, è la natura umana dell'adattamento: con talune persone si sente a pelle un'assonanza, con altri si possono stabilire dei limiti relegati al saluto formale. Il carcere non sfugge a queste regole.

Con alcuni c'è un “feeling” che con altri può non esserci. D. mancherà e non solo a me, ma a tutti coloro che saranno stati in grado di leggergli dentro. Sì, perché domani non ci sarà più seduto in quel posto che sarà occupato da qualcuno altro, che non sarà lo stesso. Unica consolazione è che andrà in un posto ove sarà possibile raggiungerlo con un saluto per ricominciare una “nuova vita” e buona vita “eu zon” all'esterno con i suoi cari.
Questa è l'unica cosa che permetterà a chi l'ha conosciuto e a chi resta di ricordarlo con un sorriso, per i suoi tentennamenti nel leggere l'ora contando le tacche sul quadrante, per poi sbagliarla completamente e rispondere con un sorriso.
Uno dei ricordi che custodirò e che mi mancherà è il suo saluto del mattino. Puntuale, si avvicinava e si chinava sorridendo, attendendo una carezza. Forse può sembrare una scena tratta dal romanzo “Cuore” di Edmondo De Amicis, ma non è così. In questi posti i sentimenti vengono compressi e nascosti. Quando manifesti e riconosciuti anche nell'altro, essi prendono la luce che hanno. Ci sono persone che li comunicano con piccoli gesti, con sguardi, con un sorriso, dimostrando anche una grande sensibilità. D. ha e aveva queste capacità. Lo ricorderò con piacere, non solo per questo ma anche per tutti i suoi modi di essere.

P.S.: il giorno prima di uscire è venuto a salutare tutti, anche quelli con cui non legava. L'ha fatto perché sapeva di doverlo fare, per educazione e per chiedere loro se potesse essere loro utile in qualcosa. Mi ha salutato per ultimo, sapevo che quella scelta di farlo per ultimo era per concentrare maggiormente l'emozione dell'addio, così è stato, un momento riempito dalla commozione di entrambi.
Auguri che tu possa trovare là fuori la via della felicità, questo ti auguro, caro ragazzo.

R.P.

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