Estate tempo in cui tutto rallenta un po’, alcuni restano nelle città quasi vuote e altri vanno verso mete sognate tutto l’anno. Altri ancora sentono questo periodo come “una pena in più” in cui neanche l’ora d’aria consente di mettere da parte per qualche istante il quotidiano, in cui le attività si riducono fino a cessare del tutto rendendo tutto più silenzioso.
Questo numero di Letter@21 si ispira al tema del Salone del Libro. Un giorno tutto questo … Cinque domande sul nostro futuro, sui significati profondi dell’essere umano, della sua convivenza con gli altri e sul pianeta che abita, che aiutano i nostri redattori a riflettere e a portare le loro parole tra carcere e “vita fuori”.
Per passare dalla condizione di detenzione a quelle di un regime alternativo alla pena servono molti tasselli. Serve una casa ... il lavoro ... e le relazioni, sono fondamentali per acquisire frammenti della realtà esterna che riconducano a quotidianità condivise e alla possibilità di riacquisire spazi di libertà creando un ponte con l’esterno.
La redazione interna al carcere talvolta risente degli umori indotti da quanto comunicano quotidiani e tg: un titolo troppo forte, la cronaca insistita di un’evasione durante la misura alternativa, senza parlare dei tanti che quotidianamente rientrano in carcere sino a concludere la propria pena.
Era un giorno di autunno del 2006, quando assaggiai per la prima volta la carbonara.Ero arrivato da poco da mio fratello in Italia e gli chiesi se mi poteva portare in un posto a mangiare qualcosa che non avevo mai mangiato, era tanta la curiosità di conoscere nuovi piatti Italiani. Tutti parlavano bene della cucina Italiana, volevo avere anche io il mio pensiero su questo argomento. Mio fratello mi portò in un ristorante famoso della zona, dove ci sedemmo al tavolo e mi consigliò di ordinare una carbonara e cosi feci. Dopo la prima forchettata dovetti dargli ragione. Non immaginavo che un piatto di pasta potesse essere cosi buono, da quel giorno diventò il mio piatto preferito. Io non so cucinare ma questo piatto ho imparato a farlo e lo preparo almeno una volta alla settimana, a volte aggiungendo ingredienti e sperimentando una nuova carbonara.
Mi ricordo quando avevo 14-15 anni, andavo al liceo, giocavo pure a calcio, ma finita la scuola e prima di andare agli allenamenti, mi fermavo quasi tutti giorni in una trattoria per ordinare un piatto che nella mia lingua si chiama (paçe plansash). Aveva un sapore stupendo grazie alle mani d’oro della cuoca che lo preparava. Era il migliore della città, ho provato anche nelle altre trattorie, ma il gusto era diverso nonostante gli ingredienti fossero gli stessi. Spendevo i soldi che i mie genitori mi regalavano solo per mangiare quel piatto. Era all’ordine del giorno, era il mio “vizio”, ma è tantissimo tempo che non assaggio più quella delizia.