“Dustur”, in arabo significa Costituzione. L’autore di questo film è Marco Santarelli.
Dustur è il racconto per immagini e voci di questa esperienza per ora unica in Italia. Dice l’autore: “un viaggio dentro e fuori il carcere , dentro e fuori i confini della libertà, un dentro e fuori che solo alla fine si toccheranno”. Un viaggio che comincia nella biblioteca del carcere di Bologna per concludersi sull’Appennino, in uno dei luoghi simbolo della resistenza italiana da cui nacque la nostra Costituzione.
Nella biblioteca del carcere un gruppo di detenuti musulmani partecipano a un corso organizzato da insegnanti e volontari sulla Costituzione italiana in dialogo con i valori alla base delle “primavere arabe” e le tradizioni islamiche: alcuni di loro sono giovanissimi e al primo reato, altri hanno alle spalle molti anni di carcere. A coordinare gli incontri è fra Ignazio, un monaco, parla l’arabo, ha vissuto per molti anni in Medio Oriente ed è uno studioso di Islam. Durante gli incontri, che sucessivamente daranno anche forma e colore allo spettacolo teatrale e al libro "Leila della tempesta", Ignazio non è solo. Al suo fianco c'è un giovane mediatore culturale musulmano: Yassine. A lui spetta il compito di tradurre in italiano (e in un arabo comprensibile da tutti) i diversi dialetti parlati dai detenuti e mediare le posizione più estreme.
Per ogni incontro-lezione è presente un ospite esterno. Incontro dopo incontro, ospite dopo ospite si discute e si affrontano i principi e i valori che hanno animato la nascita della Costituzione. Fuori dal carcere, il “docufilm ci mostra la vita di Samad, quasi un esempio virtuoso di come una vita allo sbando possa essere cambiata dallo studio e dalla cultura. Samad è un ex trafficante di droga che è passato per il “ Dozza” ma ora è iscritto alla Facoltà di Legge dell’Università di Bologna.
Sarà l'ultimo ospite del corso, che tornerà dentro per partecipare alla discussione e alla scrittura di un “dustur” ideale. Samad conosce bene molti dei detenuti che partecipano al corso e la vita dentro il carcere bolognese dove ha trascorso quattro lunghi anni della sua vita.
Il film di Santarelli ci mostra i detenuti-studenti, inquadrati da una cinepresa mai invadente, che si misurano con le differenze e le contraddizioni fra le tradizioni giuridiche delle loro società di origine e l’Italia , fra la legge dell’uomo e quella di Dio. Ci sono scene che valgono più di tanti discorsi sulla sharia, ad esempio quella in cui uno dei detenuti arabi, dopo aver accettato che una costituzione dovrebbe tutelare il diritto di un cristiano a diventare musulmano, si ribella all’ipotesi opposta che sia garantita dalla legge, perché per lui “un musulmano che rinnega la sua religione è un apostata e perciò dev’essere condannato alla morte”.
Questo documentario, mai polemico, ci mostra come il confronto onesto e chiaro delle idee è la strada per la crescita democratica e la convivenza pacifica, per la crescita culturale fra persone con opinioni diverse anche di chi è sinceramente musulmano. Molto bella la conclusione del corso con i detenuti chiamati a scrivere una costituzione ideale è sarà il diritto all’istruzione, non il diritto al lavoro, l’articolo fondamentale, da cui far derivare tutto il resto.
(pg)
Immagine: Frame tratto dal trailer ufficiale del docufilm