Venerdì, 25 Novembre 2022 11:59

Il mio sogno italiano

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L’istruzione e la riabilitazione si possono “sposare” in carcere? Dalla comunità all’università: l’istruzione diventa veicolo di riabilitazione. La mia esperienza con la scuola in carcere, così come lo studio, mi ha aiutato a ritrovare fiducia in me stesso, ad allargare le prospettive verso orizzonti che prima non avrei avuto il coraggio di esplorare.

Che cosa è per me il sogno italiano? Risvegliarsi senza più un senso di inadeguatezza, di inferiorità, di sentirsi diverso, con tutte quelle voci nella testa che ti impediscono di provare a volare ripetendoti che non sarai mai in grado di farlo. La paura di uscire dal nido, dalla mia zona. È un crimine sognare?”.
Fin da piccolo avevo grandi difficoltà nello studio, vedevo i miei compagni di classe che riuscivano ad ascoltare, capire, e con facilità portare a termine gli esercizi dati dai maestri… ma io no. La mia attenzione era minima e tutto mi sembrava così complicato, così confuso, ma con molto impegno nonostante una difficoltà maggiore nel restare concentrato, passavo ore e ore a studiare in più degli altri per imparare e ricordare le lezioni svolte. Mi fu diagnosticato dalla neuropsichiatra un disturbo nell’apprendimento, questo mi segnò interiormente.

Mi sentivo diverso da tutti gli altri, ero avvantaggiato dalla possibilità di usare il computer in classe per gli errori grammaticali, avendo maggiori difficoltà nella scrittura e nella comprensione delle doppie o nel riconoscerle. Questo creò maggiore divario tra me e i compagni di classe e a me stesso molta umiliazione, tutto questo non mi fece stare bene per niente, mi diede un senso di inferiorità, sentivo che non avrei mai potuto raggiungere dei risultati, dentro mi sentivo come schiacciato: da me e dagli altri. Con il tempo e la perseveranza mi sono diplomato, con una media bassa e con un’enorme difficoltà. Gettai la spugna, decisi che nella vita lo studio non mi apparteneva, iniziai a lavorare con la ferma convinzione che nella vita avrei potuto sempre solo fare il manovale.

La vita è piena di sorprese e, forse la uso come scusa, ma un giorno incontrai quasi per gioco un nuovo amore: la dipendenza, che come una dolce amante mi rese schiavo di lei, è per le mie scelte disperate che mi ritrovo qui. Sono in comunità, dentro un istituto penitenziario. Una delle cose che mi colpì di più quando arrivai in questo padiglione era che sotto il nostro piano è situata la sezione universitaria e spesso la guardavo dal vetro con invidia, con desiderio e con un senso di irraggiungibilità. Ho sempre amato lo studio nonostante le mie difficoltà, ma quel sogno non lo vedevo fattibile, come una bellissima ragazza che tanto non mi saluterà mai. Io non sono venuto qui per studiare, mi ripetevo, ma per curarmi. Perché quando hai una dipendenza, quando hai un chiodo fisso, che poi farà crollare ogni cosa nella tua vita, è inutile rimuginare su qualcosa che si reputa intangibile. Ma seguendo il percorso comunitario mi si aprì una porta: frequentai l’istituto sociosanitario, frequentandolo mi resi conto che le mie difficoltà nello studio erano aumentate per l’abuso. All’inizio ero a disagio, mi sentivo inadatto, avevo il timore di non riuscire con le mie forze, mi ritrovai di colpo a sentirmi come a dodici anni. Quando a scuola arrossivo e avevo paura di una scena muta alla lavagna, davanti ai compagni di classe, o, reputandomi incapace di studiare per una verifica pensavo di copiare o affidarmi ai soliti “bigliettini”, ma con il supporto dei miei operatori frequentai i corsi di studio.
Con i mesi notavo l’enorme differenza sia dal distacco delle sostanze, quindi una maggiore concentrazione, e soprattutto, grazie ai professori, che non si son dati per vinti, ho iniziato ad avere un ottimo rendimento scolastico, scoprendo delle qualità che non credevo di avere. Con i miei tempi continuo gli studi, finisco l’anno, con ottimi risultati, con dei voti che nella vita non avrei mai creduto di prendere. Questo mi diede molta sicurezza creando in me una scintilla, un desiderio: quando uscirò di qui mi iscriverò all’università.

Però le cose più belle succedono sempre nel momento più inopportuno, continuando il percorso comunitario dentro di me sentivo un vuoto, una paura che uscito da qui tutte queste speranze sarebbero svanite ed il desiderio si fece molto più forte… un drogato potrà mai laurearsi?
Mi misi in gioco e parlai di questo con la mia operatrice che mi fece affrontare la realtà, mi mise in discussione chiedendomi se questo per me era importante, se per me era una priorità o una fantasia venuta al momento. Quindi, dopo un’attenta valutazione e un lavoro con il mio psicoterapeuta iniziò un travagliato lavoro per capire il da farsi, nel frattempo mi informavo sull’indirizzo di studi a me più consono e, piano piano, come il pane che lievita nel forno, iniziò a crearsi una prospettiva a me impensabile. Grazie a persone vicine e a buoni consigli vidi aprirsi la possibilità di iscrivermi. Tutto questo non mi sembrava vero, fino al giorno che mi ritrovai davanti la tutor dell’università con in mano una pila di libri che erano per me. Un qualcosa per me di impensabile, un sogno che si avverava.
Non ho mai creduto in me, e riuscire a raggiungere un obiettivo che pensavo inarrivabile è meraviglioso. Tutto ciò è stato possibile grazie all’aiuto degli operatori, che con premura hanno fatto in modo che tutto questo fosse possibile e che gli orari di studio coincidessero con il mio piano terapeutico, oltre a quello di molte persone che mi hanno dato la possibilità che il sogno diventasse possibile e concreto.
Aiutando una persona, che cercava in tutti i modi di annientarlo e distruggerlo, a crearsi un futuro offrendogli possibilità reali e tangibili.

Redazione

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