Sarebbe facile e scontato dire che faccio volontariato per il prossimo, per l'umanità, per la Patria o per la salvaguardia dei diritti umani. Queste belle parole servirebbero solo ad addolcire una realtà assai meno romantica e ben diversa. Iniziai quest’esperienza nel periodo di febbraio del 2019 quasi forzatamente. Il Magistrato di Sorveglianza, infatti, aveva comunicato al mio avvocato di allora, che se volevo ottenere la misura alternativa della semilibertà o dell’affidamento, avrei dovuto trovarmi un associazione per fare del volontariato. Pronti via, parlai con le persone giuste e in men che non si dica riuscii a concordare con la Caritas Diocesana quattro ore settimanali tutti i sabati incastrando l’attività di volontariato con il lavoro e il programma di trattamento e scoprendo solo in seguito che aiutare gli altri vuol dire aiutare se stessi. Raggiunta questa consapevolezza sono sempre più convinto che ad alimentare questa esperienza di volontariato sia un forte desiderio di restituire qualcosa alla società donando il mio tempo con gioia e solidarietà a chi sta peggio di me.
Ho deciso di svolgere questo percorso perché credo che quest’attività sia utile, importante e costruttiva. Quello che più mi piace del volontariato è la voglia di fare di tirarsi, come si suol dire, “su le maniche” per aiutare e cooperare con gli altri e per far in modo che tutti possano accedere a quei diritti esigibili di cui molti non sanno nemmeno dell’esistenza. È un’esperienza che senza alcun dubbio mi sta arricchendo, perché mi permette altresì di confrontarmi anche con diverse persone che magari non hanno problemi con la giustizia, ma abitativi piuttosto che di lavoro, questo mi permette di confrontarmi con esperienze diverse, ma altrettanto difficili dove pur nel mio piccolo, riesco a sentirmi di fare veramente qualcosa di grande per me e per gli altri.
Questo nuovo mondo tutto da scoprire e da vivere si sta dimostrando sempre più interessante e già questo mi ripaga di tutti gli sforzi, quindi da una prima e forzata scelta di testa dettata dalle esigenze, pian piano sono e stanno nascendo sempre più delle motivazioni diverse oserei dire genuine e sincere che non pensavo di poter ritrovare in così poco tempo e invece, a quanto pare mi sbagliavo e quello che ha fatto la differenza è stato senza dubbio quella caparbia e inestinguibile speranza che c’è dentro ognuno di noi. Saper restituire è diventato un fattore di maturità personale una sfida con me stesso, perché se adesso sono in grado di restituire, vuol dire che tutte le esperienze (Negative o positive che siano) le ho rese parte integrante di me e capite e metabolizzate veramente. Ora posso dirmi pronto per un altro fondamentale e decisivo step verso la felicità.
Di natura sono sempre stato un istintivo, mi entusiasmo alla follia e tendo a ragionare più con la pancia che con la testa. Il volontariato in questo mi sta aiutando molto, gestire tutta quest’istintività non è cosa facile (io ne so qualcosa). Sto capendo l’importanza di ascoltare piuttosto che del fare, sto imparando ad accettare me stesso e gli altri, cercando di non cadere più in scontati e inutili pregiudizi (perché so bene cosa vuol dire essere giudicati a prescindere). Devo, invece capire meglio il vero e spontaneo significato di pratiche come l’accoglienza e la comprensione perché solo così, potrò diventare una persona piena di contenuti e valori che lotta per un mondo più giusto. Nel tempo ho imparato che la vita si divide in tre grandi fasi: la prima è quella della crescita dove impari, poi c’è quella centrale dove maturi e costruisci, mettendo a frutto le capacità acquisite nella fase precedente e in fine c’è l’ultima quella del restituire.
C. D. B.