Non essendo stata la prima esperienza di carcerazione, l’ho vissuta stando con i piedi per terra. In breve, avevo già incontrato quelle emozioni, ma nonostante questo, quando esci da un periodo di detenzione il sollievo è immenso.
Una sera di un giorno di giugno, erano circa le 19, stavo come al solito guardando la tele, quando ad un certo momento sento bussare alla porta. Era l’assistente, che mi comunicava che presso la portineria del padiglione mi stava aspettando l’ufficiale delle notifiche della Matricola, mi infilai le scarpe e mi diressi verso la portineria, arrivato vicino all’ufficio, notai altre persone che attendevano una notifica.
I soliti sguardi di chi sta aspettando risposte dal tribunale, che possono essere buone o purtroppo cattive. L’attesa del mio turno si faceva sentire, anche perché in quei momenti potevo ricevere un’infinità di risposte: forse i giorni di liberazione anticipata, un’udienza in tribunale, un definitivo…
Ad un certo punto mi presentai nell’Ufficio dove l’agente della Matricola, mi chiese se ero io XYZ, io risposi affermativamente, allora in quel momento l’agente che aveva tra le mani dei fogli, leggendoli mi disse subito che il Magistrato mi aveva concesso tre giorni di permesso per recarmi a casa.
In quell’istante ebbi una reazione come di sorpresa, non mi aspettavo nessuna risposta positiva in merito, visto gli ultimi rigetti, comunque ringraziai l’agente per avermi dato la magnifica notizia.
L’uscita era prevista per l’indomani alle ore quattordici. Preparai alcune cose per il viaggio: documenti, un po’ di vestiti e, giunta l’ora, l’agente della sezione mi accompagnò verso gli uffici della Matricola per completare la documentazione di ufficio. Ritirai un po’ di soldi per affrontare il viaggio, e finalmente mi incamminai verso il cancello dell’uscita, dove gli agenti di turno timbrarono il foglio di uscita con l’orario.
Respiravo un’aria nuova, di libertà.
La sensazione fu fantastica, di fronte a me vidi un autobus e un chiosco, mi diressi subito verso il chiosco, arrivai al bancone e chiesi alla barista di prepararmi qualcosa di fresco, doppio, con ghiaccio, pagai subito e subito dopo mi affrettai a raggiungere l’autobus.
Attraversai quasi tutta la città, fermata dopo fermata, arrivai alla stazione ferroviaria e appena entrato… difronte a me… vidi tre poliziotti, che mi fermarono per un controllo, chiedendomi cosa stessi portando nella borsa.
“Solo vestiti” fu la mia risposta, a quel punto mi chiesero di mostrargli un documento, presentandogli il foglio di uscita del carcere capirono subito e in un attimo mi lasciarono andare.
Tutto il viaggio fu fantastico e ancora di più arrivare a casa.
Ho rivisto mio fratello che non vedevo da sette anni, a dire il vero me lo ricordavo in un’altra maniera… Ho rivisto mio nipote, all’epoca della mia carcerazione aveva otto anni, adesso ne ha quattordici, lui mi ha riconosciuto eccome, e a momenti è più alto di me. Sì ci siamo rivisti, ma in quel momento tutto era strano, non avevamo tanti argomenti di cui parlare.
Per rompere il ghiaccio gli ho chiesto come andava la scuola? Era stato promosso all’esame di terza media. Gli chiesi anche che sport facesse. E lui “prima giocavo a calcio, ora ho deciso di fare basket”. Insomma, in quegli attimi mi sono davvero reso conto che il tempo è un fattore importantissimo nella vita, è proprio il tempo che modifica le persone e non le persone il tempo. Le persone sono degli strumenti del tempo, che si devono per forza di cose adeguare al suo trascorrere.
A non riconoscermi è stato il mio labrador di nome Ciccio. Arrivato al cancello, mi ringhiava e non voleva farmi entrare in casa, dopo circa una mezz’oretta abbondante di attesa continuava a odorarmi, dopodiché ho aperto il cancello dicendomi “non può sbranarmi”, anche perché ha una bella stazza di 60 kg di muscoli. Comunque dopo un po’ mi ha riconosciuti ed ha iniziato a rotolarsi e a saltare di gioia, in quel momento pensai “è proprio strana la vita”.
Per cui vista la situazione generale della casa, pensando a tutto il lavoro che c’era da fare, mi sono rimboccato le maniche e con olio di gomito ho iniziato a sistemare tutto.
Incredibile ma vero, avevo in un attimo dimenticato la realtà del carcere.
È proprio vero che alla libertà ci si abitua subito.
Redazione