Venerdì, 12 Aprile 2019 17:57

L’arte d’arrangiarsi in carcere

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L’arte d’arrangiarsi in carcere Photo by Matt Artz on Unsplash

Il carcere è un posto dove la maggior parte dei detenuti non è esperta d’arte, ma in molti sanno creare meraviglie con i pochi attrezzi che hanno a disposizione come per esempio fiori e vasi con delle saponette, e addirittura barche con degli stuzzicadenti.

Tempo fa ho conosciuto un ragazzo che si trovava in isolamento e doveva restarci per quattro mesi, era in una camera di pernottamento senza avere contatti con altri detenuti.
A disposizione aveva solo ciò che si può comprare all’interno del carcere, della carta, la colla, gli stuzzicadenti, un fornellino da campeggio, un righello di plastica, un piccolo taglierino costruito con la lametta delle Bic e una forbicina.
Io lavoravo nella cucina dell’istituto dove ogni mattina distribuivo la colazione e il pranzo ai detenuti che si trovavano in isolamento, e vedevo questo ragazzo ogni volta seduto nella sua tavola, ma non riuscivo a capire cosa stesse facendo.
Un giorno il ragazzo mi chiese: “Mi poi aiutare a trovare 10 pacchi di stuzzicadenti?”
Io perplesso lo guardai in silenzio, dicendo fra me e me: “Questo non sta bene, a cosa mai gli serviranno 10 pacchi ti stuzzicadenti?” Ma nonostante non sapessi a cosa gli servissero gli risposi: “Certo, domani te li porto”. Salii sopra, in sezione, e continuai a cercare gli stuzzicadenti per lui. Non era facile trovarli, erano troppi, i compagni mi prendevano per pazzo quando chiedevo loro se avessero degli stuzzicadenti. Finalmente li trovai, e il giorno seguente gli diedi tutti gli stuzzicadenti che mi aveva chiesto. Era felice, sembrava un bambino che ha appena ricevuto un regalo che desiderava, non sapeva dire altro, solo grazie con la faccia sorridente.

La mia curiosità era tanta, volevo sapere cosa stava facendo e a cosa gli servissero tutto quegli stuzzicadenti, ma non gli chiesi niente, ogni mattina che gli portavo la colazione lui era sveglio e impegnato nel costruire qualcosa.
Un giorno dopo quasi tre mesi che si trovava lì mi disse: “Fra un po’ finisco l’isolamento e voglio farti un regalo”. Io lo guardai con gli occhi sgranati e dicevo dentro di me: “Cosa mai mi può regalare lui, non ha niente, è in isolamento!”. Lui continuò a dirmi che quello che aveva costruito non lo poteva portare con se e che era un peccato buttarlo e io gli chiesi: “Cosa hai costruito?”. Lui mi portò una bellissima barca costruita da lui. Ero senza parole, era di una bellezza rara, non ci potevo credere che avesse costruito una meraviglia del genere in quelle condizioni di isolamento. “X è una opera d’arte questa barca, ti ringrazio!” gli dissi. In poco tempo lo trasferirono. Ancora oggi, ogni volta che guardo quella barca fatta solo di stuzzicadenti mi ricordo cosa mi disse.

Nonostante la situazione in cui tu ti trovi, e le difficoltà che affronti all’interno del carcere, l’arte riesce a tirar fuori il meglio di te, e a ricordarti che anche nei momenti più bui, c’è sempre uno spiraglio di luce”.

E. A.

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