Martedì 16 maggio in una Sala Polivalente del Padiglione E del carcere di Torino, gremita, la Garante Gallo ha stilato un bilancio, sollevato criticità e proposto strade da percorrere per la tutela dei diritti delle persone private della libertà riepilogando dodici mesi di attività del proprio Ufficio.
Una scelta precisa quella di presentare il lavoro all’interno dell’Istituto di pena torinese. Dando in questo modo l’opportunità di partecipare ad una rappresentanza dei detenuti all’evento. “Noi lavoriamo per loro”, le parole di apertura della Garante. “Abbiamo il dovere di offrire l’opportunità per chi è in carcere di diventare dei buoni cittadini. Le persone private della libertà non devono essere solo più i destinatari dell’offerta trattamentale, ma diventare essi stessi i protagonisti di un percorso, capace con assunzione di responsabilità e autogestione di allontanarli dalla trappola dell’infantilizzazione”. Considerazioni che guidano le attività quotidiane dell’Ufficio, impegnato a diffondere nella collettività un’idea del carcere lontana da luoghi comuni e pregiudizi.
Trecento sessantacinque giorni trascorsi per cercare di migliorare norme concepite per una popolazione detenuta ritenuta, dal legislatore, omogenea per lingua e religione, ma che in realtà non è tale. Uno sforzo composito e concepito attraverso numerose azioni, dal rafforzamento delle attività di mediazione, all’ascolto delle singole richieste, a testimoniarlo i 436 colloqui effettuati nell’Istituto Lorusso e Cutugno durante il 2016. Cifra che rappresenta solo una parte, perché non bisogna dimenticare che le competenze di tutela dei diritti e monitoraggio della Garante non riguardano solo le persone private della libertà, ma ugualmente gli ospiti del carcere minorile “Ferrante Aporti”, del CIE di c.so Brunellieschi, dei cittadini sottoposti a TSO e delle Rems (in questo caso cittadini torinesi in cura nelle Rems italiane).
Attività che diventano una risorsa preziosa per il miglioramento del territorio e per creare una reale cultura di integrazione ed inclusione nello stesso, perché “chi abita il carcere, fa parte del nostro territorio”, sottolinea la Dott.ssa Gallo, per questo è necessario che si creino nuovi modelli di cooperazione tra i vari attori che lo popolano e governano. “Bisogna sostenere chi in carcere crea economia carceraria, Freedhome – lo store dell’eccellenza dell’economia carceraria di via Milano 2/C a Torino – ne è un esempio. Urge rafforzare le collaborazioni in tal senso”, la considerazione della Garante, perché, prosegue “altrimenti progetti interessanti rischiano di chiudere per mancanza di risorse, in questo momento ad esempio al "Ferrante Aporti” la mediazione culturale è a rischio, e per questo stiamo istituendo un tavolo per scongiurare tale pericolo”.
Fin qui alcuni flash sul “dentro”, ma c’è anche un fuori, l’esecuzione penale esterna, dove si lavora sull’emergenza e dove vanno concentrati altrettanti sforzi per poter creare percorsi personalizzati e rispondere alle singole richieste. In particolare di abitazione e lavoro, di chi, disorientato si rivolge all’Ufficio della Garante. “L’impegno è quello di favorire un atteggiamento di mediazione con tutti gli attori coinvolti in questi percorsi, per facilitare le necessità delle persone. Chiediamo la possibilità di avere i nomi dei dimittendi, in modo da sostenerne i bisogni attraverso uno sportello mirato e di essere ancora più attenti e sensibili in merito alla custodia aperta, anche laddove ora sembra essere difficile poterla attuare. Si devono ipotizzare sistemi di housing sociale, dove le persone con problemi di giustizia possano accedervi, contribuendo al bene della collettività in ottica di giustizia riparativa. Bisogna inoltre ripensare agli scenari a cui vanno incontro i giovani adulti. La strada da intraprendere è quella indicata dal Garante Nazionale, Dott. Mauro Palma, proponendo le “Raccomandazioni” come strumenti che indichino buone prassi da seguire in tutti gli Istituti.