Mercoledì, 05 Aprile 2023 18:24

Pranzo in musica, con le famiglie

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Foto di Stefan Vladimirov su Unsplash Foto di Stefan Vladimirov su Unsplash

Trascorrere una giornata diversa dal solito, celebrando i rapporti umani e l’affettività, è possibile anche in carcere.

Questa quantomeno è la finalità degli eventi organizzati dall’Associazione Carlo Castelli, fra cui anche quello che recentemente si è tenuto nel penitenziario torinese che ha visto la partecipazione degli studenti detenuti del Polo Universitario assieme ai loro familiari, ai volontari e al personale.

La diversità della giornata è stata accuratamente pensata dagli stessi reclusi che hanno allestito gli spazi in maniera accogliente, in modo particolare pensando alla presenza dei bambini.

Sono stati organizzati e sistemati i tavoli in modo tale che l’ambiente somigliasse quanto più possibile ad una sala da pranzo di trattoria. Tovaglie, piatti e bicchieri colorati. Alcuni palloncini e altri gonfiabili a forma di animaletti e draghi, fissati a pavimento o alle pareti, fra ghirlande e strisce d’abbellimento.

Una policromia dell’ambiente difficile da raccontare, specialmente per quello che è stato l’esito complessivo dell’evento.

Cucina dedicata, con tanto di chef (anche lui recluso) che ha realizzato piatti gustosi e succulenti, naturalmente muslim friendly, all’insegna dell’inclusività delle varie culture della comunità penitenziaria.

Gli antipasti sono stati organizzati a buffet e fra questi: formaggi di vari tipi, affettati, olive ripiene e insalata russa. Il pranzo invece consisteva in una pasta al pomodoro al forno, pollo e patate, per i bimbi rigorosamente fritte, mentre per dessert delle chiacchiere con spolverata di zucchero.

Tutte le cibarie sono state offerte dall’Associazione, così come il necessario per colorare e migliorare la vivibilità degli spazi per l’occasione. Poi c’è un dettaglio su cui è necessario soffermarsi.

L’evento è stato accompagnato da un sottofondo musicale “dal vivo” ad opera del complesso musicale del progetto “La musica che gira Dentro” che, nel tempo, ha messo su una piccola band amatoriale che si incontra ogni settimana per trascorrere alcune ore suonando musica rock, blues e revival.

La frase con cui è stato inaugurato l’evento è assai d’effetto: “Una musica che gira Dentro, dentro ognuno di noi” e poi le dovute precisazioni per l’acustica e per la professionalità, non certamente paragonabile al livello di un palcoscenico a San Siro.

Determinazione, fiducia e self-control. Via con l’intrattenimento subito dopo il secondo. Fin dal primo vocalizzo, un grande coinvolgimento del pubblico. Il ritornello della colonna sonora di “Mare Fuori”, Il Tempo di Morire di Battisti, Con le mani di Zucchero, qualche pausa per riprendere fiato e spezzare.

Dopo qualche minuto, via con il coinvolgimento generale nella danza. Oye como va in un mash-up con Samba pa ti, per poi sfumare con un blues strumentale. Poi ancora, Acqua e sale (Mina e Celentano), Parole Parole (Mina e A. Lupo). Nell’atmosfera surreale di un coinvolgimento totale del personale e di un educatore che hanno preso parte ai suoni della band, la scaletta ha previsto Proud Mary (T. Turner), Jhonny Be Good, Albachiara (V. Rossi) per poi concludere la line-up in un coro collettivo con una fortissima The Wall dei Pink Floyd, introdotta con una specifica e provocatoria considerazione:

Il brano che stiamo per eseguire parla della caduta di un muro. Non di un muro qualsiasi, ma di un muro che per molti anni ha sancito differenza, discriminazione, lotta per motivi ideologici. Un muro che fortunatamente è caduto, pertanto speriamo che questo brano possa essere d’auspicio alla caduta di altri muri, consentendo anche a noi di tornare ad essere liberi.”

Un momento conviviale fatto di carezze, abbracci, lacrime e passione. Le risa dei bambini che correvano fra la sala e il cortile, aperto apposta per fumare qualche sigaretta nella giornata di sole. L’affetto dei familiari e dei volontari in un’armonia che sa, a tratti, di famiglia allargata, seppur per poche ore.

Poi si torna alla normalità, alla routine e agli impegni personali. Riscopriamo noi stessi quindi, ci reinventiamo, ci conosciamo e sappiamo di esser capaci di far festa, di sdrammatizzare.

L’auspicio di chi ha potuto partecipare all’evento è quello di poter ripeterlo, tornare a vivere momenti così intensi anche nel resto delle realtà di reclusione. Favorire l’incontro con le famiglie, incentivando l’affettività, può fungere da presupposto per una nuova comunità, fatta sempre più di persone e sempre meno di individui.

Redazione

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