Detto questo, nella prima settimana di agosto abbiamo cominciato i lavori per rimodernare il laboratorio Eta Beta all’interno del carcere di Torino. Il lavoro consisteva nell’imbiancare gli ambienti, un buon auspicio “di vita nuova” per dimenticare i momenti strazianti e l’angoscia con cui abbiamo vissuto durante la pandemia.
Ricorrere alle competenze di un imbianchino è stata un’impresa semplice, perché come tutti nel nostro piccolo, anche noi abbiamo provato a dipingere le pareti di casa nostra, con un po’ di esperienza del passato, io e il mio compagno di rullo e pennello abbiamo cominciato a individuare le varie crepe nel muro, per poi stuccarle al meglio possibile, rendendo la parete al quanto più uniforme.
L’impresa è stata ardua, all’inizio gli attrezzi non erano il massimo, ma la qualità della vernice (pigmenti naturali e bio) prometteva tutt’altro, ovviamente come in tutte le cose ci si adatta, specialmente in un posto come il carcere.
Dopo qualche giorno la nostra idea prendeva sempre più forma, e questa cosa ci spronava sempre più a rendere le stanze belle, semplici e soprattutto pulite.
L’esperienza è stata gratificante per tutte e due, visto il risultato e allo stesso tempo ci ha portato indietro nel tempo, a ricordi bellissimi in momenti diversi e in posti diversi.
Raccontarsi i ricordi di quei tempi ci ha fatto divertire, capendo che quelli sono stati alcuni tra gli attimi più belli della nostra vita.
Il lavoro in carcere è sempre stato un ottimo strumento per la rieducazione e il rinserimento del detenuto, ed è un dato di fatto, consultando relazioni e statistiche su questo tema che la recidiva diminuisce in modo drastico con il lavoro.
Invito tutti gli organi di competenza a una maggiore attenzione sul tema del lavoro in carcere, dando una possibilità concreta a coloro che cercano in tutti modi di riprendersi la vita nelle proprie mani.
M.A.P.