In carcere visualizzavo di continuo un domani diverso, un avvenire migliore, dando sfogo alla mente, libera di sognare, e prospettavo un nuovoinizio. Passavo il tempo ad inventarmi quale avrebbe potuto essere la vita fuori con obiettivi, desideri e molto altro, visto che prima o poi la condanna finisce. Rinascita nel mondo con lo scopo di riprendersi in mano la propria vita. Per alcuni aspetti è ostico, difficile, triste sopravvivere in quel mondo ed affrontare la realtà, resistere di fronte ai problemi e affacciarsi alle responsabilità, senza essere annientato da te stesso o dagli altri.
In carcere ogni tanto ci pensi quanto è dura all’esterno vivere. Perché vuoi o no qualcuno fuori da queste mura che fatica a pagare l’affitto, o ha casa ma con la dispensa vuota esiste, può essere un ipotetico conoscente, oppure un lontano parente, o uno dei famigliari più stretti, o qualcuno con legami non di sangue che fa parte dei tuoi affetti più cari. Anche perché quello che non arriva alla fine del mese potevo essere io, potevi essere tu, la ruota della sfortuna colpisce senza ordine preciso e ritrovarsi senza un tetto, senza soldi o lavoro può capitare. E quando credi di non avere più nulla da perdere e ti privano anche della libertà, lì comprendi cosa vuole dire sprecare proprio tutto compresi se stessi.
In carcere puoi ingrassare e rifocillarti, dormire e riposare, anche se scomodamente, su letti di gommapiuma vecchi e logori, che ricordano lastre di marmo, poiché la schiena urla pietà dopo ogni dormita. Qui in quei sonni sofferenti, prima di chiudere gli occhi ed evadere almeno nel sonno, la mente vaga e il desiderio di libertà, di futuro, inventa progettiche poi potrebbero realizzarsi, o come ogni desiderio, le variabili e la costanza nel portarlo a termine potranno affievolirlo insieme a quell’agognata richiesta di vita.
Questo il preambolo del mio triste ricordo di quando ero dentro e ora dopo un po’ di mesi in libertà mi rendo conto di quanto sia difficile da vivere.
Qui fuori puoi inseguire l'aspirazione a cui più ambisci come la stabilità, la famiglia, o in base ai desideri che ognuno di noi ha. Per te può essere una moto, per me una bambola in porcellana o per qualcun altro la pace nel mondo, ma io resto umile e tutto quello che chiedo è un poco di normalità.
É dal primo giorno che sono uscito che lotto con le unghie e con i denti per non cadere negli errori e tentazioni del passato. Ripartire da zero, senza scorciatoie, perché non ne voglio più sapere di espedienti o escamotage... ho perso tutto grazie alle scelte sbagliate. Adesso basta, è ora di ottenere qualcosa di sano con gli strumenti che ho, senza volere troppo. Non ci sto ad accettare l’astrattezza di una vita spericolata, voglio solo dormire sereno la notte senza la paura di essere arrestato, sarò felice di potermi permettere solo quello che sono in grado di sostenere, nulla di più. Non voglio la luna perché so di non potermela permettere e non saprei dove metterla.
Vi confesso e non posso negarlo che mi sento pigiato dagli impegni della vita e dai suoi succosi frutti grassocci di problemi, ansie e guai, con quel succo amarognolo di nefaste multe dello Stato, ed insidie di varia natura che sembrano non terminare mai. Devo riconoscere che tutto quello che per anni ho progettato nella mia testa, ora lo possiedo, è tangibile, si è realizzato. Ad esempio, nonostante i sacrifici per la distanza ho uno splendido lavoro che mi soddisfa e mi dà la dignità e la possibilità di sopravvivere. Inoltre, sto inseguendo la mia ambizione, con fatica e dedizione: la laurea.
Ciò che anelavo di più era trovare chi avrebbe percorso la tortuosa strada ormai divelta e logora per la via del mio cuore. Quindi, la possibilità di trovare l’anima gemella che un giorno mi darà una famiglia, che sempre ho agognato. Perché la vita finora mi ha regalato solo dolore e situazioni in casa difficili, perché i genitori non te li scegli. Quindi il regalo più grande è stato trovare chi mi ama. Che non è così scontato, anche se in questo a caso a trovarmi è stata lei, ma visto che sono stato scelto e quindi felicemente succube degli eventi posso solo ringraziare, con un bacio nel vento, questa fortunata situazione.
In carcere non c’era giorno che non pensassi ad avere una partner al mio fianco che divenisse la mia complice, la mia salvezza da questa vita senza risposte, e provare quel senso d’importanza, di completezza, che solo l’affetto può dare. Io gigante d’acciaio senza attese e speranze di sentire battere l’amore nel cuore, ma all’improvviso tu. Anche perché i miei ultimi e unici ricordi di qualcosa che mi smuovesse il muscolo cardiaco era solo il fuggire dai carabinieri, null’altro, mentre il mio cuoricino batteva forte, forte, ma ora è diverso, ora batte solo per te.
Reputo che scappare può avere delle analogie con l’amore, per esempio quello tossico, anche perché fuggire diviene assai più arduo quando è malato, possessivo, falso, però se quel sentimento al contempo è sincero prima o poi ti “cattura”. Al momento dell’arresto scattano le manette, però nel vero amore queste catene non sono d’acciaio ma di promesse, onorando le quali doneranno solo il senso compiuto di un legame indissolubile. Sono morbide, non si stringono se ti muovi. Passo dopo passo, rispettando e amando, il finale è tramutarle in anello. Ed io in questa donna affogo, affogo nel suo abbraccio senza scambiarci parole, mutismo da triglia e son fritto d’amore, cotto in un attimo, è dentro quello stringersi forte l’uno all’altro che ci si racconta tutto senza dirsi niente, il corpo comunica. Le cicatrici lasciate dalla vita, quella passata, sono risanate da quello che sarà. Quello che è stato fa solo parte di un lontano ricordo al quale si attingerà solo per non ricadere negli stessi errori.
Tutto ciò che vi sto descrivendo, per me è tutto nuovo... una vita diversa. Ho chiuso, l'ho salutato quello che ero. Ora sto chiudendo tutte le porte che erano rimaste aperte che mi hanno fatto del male, ho deciso di mollare tutto anche pur non sapendo a cosa sarei andato incontro. Purtroppo, molti di quelli che reputavo amici non mi capiscono ora, non parliamo più la stessa lingua o forse sono io quello sbagliato, che non vuole più far festa o passare le giornate al bar. Loro non possono capirlo, “se galera non provi, libertà non apprezzi”, dopo che ho visto in quanto poco tempo la vita ti scorre tra le mani lasciando solo ricordi non voglio più sprecare un solo attimo. Io non voglio più questo, non ho tempo di dissipare la mia essenza, me ne è rimasta così poca. È ora di riappropriarmi di me stesso, questo è quello che mi prendo, fuori da quel cancello della mia prigionia mi sono messo a ridere come un pazzo, è così che ho iniziato la mia nuova esistenza. Nel mio caro diario non le strapperò quelle pagine.
Basta voltare pagina e ricominciare e in quel futuro c’è già il tuo nome scritto nel finale.
Redazione