Oggetto di studio di cui la ricerca scientifica ha evidenziato nel tempo gli effetti negativi, definendone la pratica deleteria e dannosa per la salute. Le sigarette, per quanto osteggiate, prima da una medicina preventiva, poi da leggi mirate a limitarne l’uso, ma anche l’acquisto, limitandolo ai maggiori di anni 16, sembrano un fenomeno duro a scomparire, forse anche per l’assuefazione da nicotina.
Leggi ulteriori sul fumo passivo, anch’esso deleterio e portatore di danni all’apparato respiratorio, sono giunte al punto di usare gli stessi pacchetti di sigarette come messaggi subliminali, con disegni evocativi dei danni provocati dal fumo. Ma il fenomeno resiste nella sua “abitudine” “a… sociale”.
In carcere la legge opera con i vari divieti, come per l’esterno, in auge dal 2006, per i locali chiusi, in presenza di minori o donne in stato di gravidanza, con sanzioni mirate. Detto questo, in carcere vige un criterio valido sulla carta.
Dovrebbero esservi camere per non fumatori e locali per fumatori, perché il diritto è diritto e non ne vige uno minore e uno maggiore. Quindi si supporrebbe che vi sia una zona franca per chi non fuma. Invece purtroppo non sempre è così, l’affollamento carcerario ha fatto cadere nell’oblio la camera non fumatori, anche perché poteva accadere che in quel momento non ve ne fossero di non fumatori e si necessitasse la camera per altri soggetti. Queste consuetudini spinte dalla necessità hanno fatto sì che le camere per non fumatori scomparissero. C’è da dire che se il problema fosse posto, l’autorità sicuramente opererebbe, andando a modificare e riformulare la planimetria degli spazi.
Oggi diciamo che c’è tolleranza e si auspica un’educazione che eviti posizioni opposte di scontro fra i ristretti. Dunque il fumo in carcere rientra nel vissuto quotidiano, in tali contesti c’è da dire che le camere sono ingiallite dalla nicotina, depositatasi sulle pareti; l’odore pungente del fumo passivo, dei portacenere e comunque anche delle cicche che purtroppo vengono disseminate per terra, è altrettanto una presenza costante.
Quindi per dirla tutta, all’orientamento di abbandono del tabagismo da parte di molti non corrisponde la misura di tutela in altri. Un’abitudine, un vizio, un comportamento deleterio per la salute umana, di cui non si riesce a frenare il consumo e l’uso.
Sicuramente diminuita come abitudine, ma ancora latente come forma di comunicazione sociale, della propria personalità e dell’immagine che si vuole dare.
È nota la locandina di un film datato 1942, “Casablanca”, un cult movie, con Humphrey Bogart che fumava, simbolo di personalità dominante, data anche dal gesto evocativo del fumare. Oppure analogamente per le attrici famose, che fluttuavano in voluttuose spire di fumo. Per dare quella parvenza di esoticità, sensualità che il fumo inspirato e poi espulso crea, con i suoi ghirigori azzurrognoli nell’aria. Quindi, la magica rappresentazione del fumo si oppone all’abitudine di massa, che accetta il compromesso e fa del fumo un’abitudine, un qualcosa che lenisce tutti i mali, una panacea del “vivere…”. È digestivo dopo il caffè, funge da apri-giornata al mattino, anche se accompagnato da molteplici colpi di tosse dati dall’introduzione del fumo nei polmoni, che al mattino sono decongestionati.
Il fumo, come momento di riflessione, ma una riflessione effimera, che giustifica solo il gesto.
Ma, salute a parte, in un periodo di vacche magre, non sarebbe più salutare smettere? La sofferenza per l’astinenza si sentirebbe soltanto nei primi due giorni. È un dolore minimo rispetto a quello che si paga… per il “non averlo”.
Provateci, casomai vi attaccate alle caramelle, che sono sempre meglio delle sigarette.
Redazione