Una musica per chi non può andare al... concerto, in questo caso detenuti e personale penitenziario.
I solisti si sono alternati, accompagnati da un pianista che nel chiaro scuro delle luci del teatro dell'Istituto “Lorusso Cotugno”, pieno e stranamente non rumoreggiante, ha ascoltato e vissuto i momenti magici che l'opera sa dare. In genere durante gli eventi un brusio di fondo pervade tutti gli auditori, invece questa volta il silenzio, aveva un suono, quello del raccoglimento, quello dell'ascolto.
La percezione avutasi è che anche chi non avesse o non fosse un amante delle liriche riprodotte si predisponesse ad un ascolto profondo, al termine di ogni esibizione una standing ovation ha arriso al coro.
L'11 settembre così le note hanno fatto compagnia alla sofferenza dei ristretti, e siamo sicuri che quei momenti hanno occupato un posto importante in chi era presente, non si aveva la percezione che si fosse in un carcere, forse per l'arredo del teatro da poco rinnovato, forse per le luci soffuse attenuate, forse per gli abiti degli artisti, che molto professionalmente, hanno eseguito i brani, come se fossero al Teatro Regio di Piazza Castello.
Un’occasione da ripetersi, perché la bellezza della musica non può quantificarsi con i soliti aggettivi, la lirica è un suono, un'aria che va ascoltata con il cuore, con i sentimenti o piace subito o non piace. Ma quando questa vibrazione colpisce e riempie l'aria di suoni e acuti, di ugole che cantano l'amore, la vita, la morte, non si resta indifferenti.
L’opera sa accogliere la bellezza del racconto, posto in metrica musicale, non solo commedia, dramma, narrato e sceneggiato, ma reso più vero, più vivo dall’intensità della musica da camera, che lo fa vivere anche a chi... ascolta.
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Redazione