Dall’inizio dell’emergenza a oggi, il Vostro Ufficio si è subito attivato per essere vicino alla popolazione detenuta, anche attraverso assemblee con i rappresentanti dei detenuti. Quale sono le impressioni e le riflessioni a tal proposito?
La modalità adottata dalla Direzione della Casa Circondariale sta funzionando, sin dall'inizio dell'emergenza il Direttore dell'Istituto penitenziario mi ha informata che intendeva affrontare le problematiche con la popolazione detenuta organizzando presso il teatro dell'istituto un'assemblea con i detenuti provenienti dalle varie sezioni del carcere. Ho condiviso questa decisione e ho preso parte a questo cammino di dialogo e confronto che non si è esaurito con un solo incontro. A oggi sono stati quattro. Il primo incontro, del 9 marzo è stato il piu' difficile. La comunicazione alla rappresentanza dei detenuti del blocco dei colloqui con i propri familiari, arrivata senza preavviso, è stata fonte di dolore, rabbia e paura. Ancora non era prevedibile che da li a poco la situazione di privazione della libertà avrebbe coinvolto noi tutti senza differenza. Quel lunedì, venne percepita dai detenuti come un'ulteriore restrizione riservata solo a loro, ed è stato complicato far accettare tutti gli strumenti di compensazione che il direttore aveva già ipotizzato e che presentò alla delegazione; tanto è vero che al termine della riunione si sono verificate alcune proteste. Le riunioni successive sono stati veri e propri percorsi di mediazione al termine delle quali si è sempre trovato un giusto equilibrio fra emergenza e sicurezza. Fra le persone detenute è cresciuto lentamente un nuovo sguardo e una grande forza di solidarietà, la stessa che in questi giorni sentiamo nella nostra città, certo resta la paura, la paura del virus dentro e fuori dalle mura, ma sta a noi monitorare che vengano adottate tutte le misure preventive per limitare il contagio, lavorando in stretta collaborazione con la Direzione, con l'area trattamentale e sanitaria, e con la polizia penitenziaria.
Quanto pesa la sospensione dei colloqui in carcere?
É sicuramente fonte di grande sofferenza, lo capisco dal numero dei parenti che mi contattano, dall'ansia di coloro che costretti a casa, non possono andare personalmente a rassicurarsi che i propri cari reclusi stanno bene. In questa tragedia si stanno però lentamente aprendo nuove forme di comunicazione, che molto probabilmente non si sarebbero mai avviate e altre per le quali ne è stato perfezionato l'utilizzo. A emergenza finita sarà necessario non tornare indietro rispetto a questo.
A Torino l’emergenza Covid-19 cosa ha significato per il Cpr di c.so Brunelleschi?
Le rispondo con una domanda. La funzione del Centro è l'espulsione dal nostro Paese. In questo momento non è possibile effettuare alcun rimpatrio dall'Italia, verso più di 100 paesi è impossibile volare, a che fine stiamo trattenendo le persone all'interno del Centro? Ad oggi sono presenti 92 migranti, nelle ultime settimane abbiamo assistito a molte dimissioni per scadenza termini e impossibilità di rimpatri. La Spagna sta gestendo il problema con maggior attenzione e più tutela verso i diritti dei trattenuti, ci auguriamo che presto anche l'Italia assuma decisioni in merito
Come prosegue oggi il Vs. lavoro, e il monitoraggio in merito alla possibilità di alleviare il sovraffollamento negli istituti cittadini?
Abbiamo fatto molta pressione alla Magistratura di Sorveglianza e abbiamo promosso azioni anche con altre realtà territoriali con lo stesso scopo, quello di convergere tutti verso l'obiettivo: svuotare molte celle. É indispensabile liberare spazi, non è più possibile non mantenere quelle distanze che la legge ci impone, è doveroso creare le condizioni affinchè le norme di sicurezza per il contenimento del contagio possano anche essere rispettate in carcere. Costantemente chiediamo alla Direzione degli aggiornamenti, siamo in contatto con molti avvocati e il Garante Regionale ha un dialogo aperto con il Provveditorato per un monitoraggio congiunto con la Magistratura.
Quella che stiamo affrontando è una faticosissima battaglia per tutti, ma sta accorciando molte distanze, fa sentire meno quel "noi" e "loro" che ancora troppo spesso divide i liberi dai reclusi.
Intervista a Monica Cristina Gallo, Garante dei diritti delle persone private della libertà, a cura di G. B.