Il sovraffollamento (ai primi di marzo erano 61.230 i detenuti a fronte di una capienza regolamentare pari a 50.931 unità), è solo una delle emergenze, e delle criticità del sistema penale mai del tutto risolte in Italia, che con il coronavirus ha palesato tutta la sua drammaticità. Come poter garantire il diritto alla salute e alla vita per chi in carcere sta e lavora in simili condizioni nel caso di un contagio diffuso? Il buon senso direbbe che se si fosse fatto ricorso all’uso delle misure alternative come previsto, forse ora la situazione potrebbe essere meno drammatica anche in tempi di coronavirus. Situazione a cui il Decreto “Cura Italia”, pare avere dato risposte del tutto insufficienti, per il momento. E proprio un decreto per azzerare il sovraffollamento è l’appello al Governo dell’Unione Camere Penali e dal quotidiano “Il Riformista”. Una richiesta sostenuta sulle proprie pagine web dalla testata giornalista e dall’associazione di penalisti, a cui si può aderire per la firma online al seguente indirizzo web sulla piattaforma change.org “Dramma carceri e Coronavirus. Firma l'appello al Governo di Camere Penali e Riformista".
Tema analogo all’appello lanciato sul proprio sito web, dove può essere sottoscritto, dal Partito Radicale nella pagina in cui si chiede al Governo di lavorare alla riduzione significativa delle presenze negli istituti, in quanto i cambiamenti introdotti risulterebbero minimi e non incisivi.
Provvedimenti, quelli del Governo, a cui ne devono seguire ulteriori per non isolare ulteriormente le persone recluse o lederne la dignità durante l’emergenza, come quelli proposti dall’Associazione Antigone, Anpi, Arci, Cgil e Gruppo Abele. Sulle pagine online di Antigone all’indirizzo web su come affrontare l’emergenza è possibile leggere tutte le proposte ed aderire. Tra queste: l’affidamento e la detenzione domiciliare estese anche a persone che abbiano problemi sanitari tali da rischiare aggravamenti a causa del virus Covid-19, l’estensione della detenzione domiciliare ai condannati per pene detentive anche residue fino a trentasei mesi e della liberazione anticipata fino a 75 giorni a semestre con norme applicabili retroattivamente fino a tutto il 2018. L’acquisto ad opera delle direzioni degli istituti carcerari di uno smartphone ogni cento detenuti presenti, riportare la salute in carcere al centro delle politiche sanitarie, nazionali e territoriali, attraverso il reclutamento straordinario di medici, infermieri e operatori socio-sanitari.
Un’emergenza drammatica che in carcere ha visto spegnersi 13 vite, conseguenza non dell’infezione ma di rivolte sulle quali è doveroso chiedere la verità e conoscere ciò che è successo nei dettagli, senza dimenticare. Come chiede l’Appello “Verità sulle morti in carcere” consultabile sul sito di Diritti Globali dell’Associazione Società INformazione.
G. B.