In base ai dati rilasciati da Google, nel documento “Three years of the right to be forgotten” risulta che, dal 2016, ossia da quando si registra questo tipo di operazione, al dicembre 2017, Google ha ricevuto 2,4 milioni di richieste di cancellazione dal motore di ricerca da quasi 400mila cittadini europei, soprattutto francesi. Dall'Italia l'8,1% delle domande di cancellazione. Google ha proceduto esaminando ogni singola domanda e, in caso di accertata violazione di privacy o decaduta rilevanza dell'informazione, procedendo con il delisting dal motore di ricerca (in un primo momento solo dai risultati visualizzati in Europa, e poi dal 2015 anche nel resto del mondo). Delisting non significa cancellazione dal Web, naturalmente, ma perdere visibilità su un motore di ricerca per una pagina Web non recente equivale, di fatto, a scomparire.
Nel report presentato da Google è presente anche la ripartizione dei gruppi che hanno presentato più richieste: i privati cittadini sono titolari del 90% di tutte le richieste. Tra i Paesi più prolifici di rivendicazioni di oblio spiccano la Francia (un quinto delle domande arrivava da qui), la Germania (17%) e il Regno Unito (13%), mentre dall'Italia sono giunte circa 190mila richieste di delisting, l'8,1% del totale. Sotto esame articoli di testate giornalistiche, documentazioni varie e, soprattutto, pagine di social network (Facebook, Google Plus, YouTube e Twitter) che riportavano notizie non edificanti e non più attuali (come quelle di indagini o incriminazioni, rivelatesi infondate oppure con pene già scontate), violazioni della riservatezza, dati sensibili che non avrebbero mai dovuto finire online o, ancora, il profilo di qualcuno che è deceduto. Per il Regno Unito e per l'Italia si osserva un tendenza superiore alla media nel richiedere la rimozione di articoli pubblicati da testate online (in Italia in particolare su Repubblica.it).
Il report (tra le righe del quale si legge una certa insoddisfazione di Google nel seguire i dettami dell’UE in fatto di privacy e oblio) è stato rilasciato non a caso a poche settimane dall’entrata in vigore, il prossimo 25 maggio, del nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali e soprattutto a poche ore dalla prima sentenza inglese in fatto di diritto all’oblio. L’Alta Corte di Londra sarà chiamata a decidere se un truffatore condannato abbia diritto o meno a chiedere la cancellazione della sua storia giudiziaria dalla rete.
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