Giovedì, 11 Luglio 2019 16:41

La privazione della libertà delle persone migranti

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La privazione della libertà delle persone migranti Foto Redazione Eta Beta SCS

“Invisibili, dimenticati, è facile perdere di vista coloro che sono rinchiusi lontano dalla nostra società. Dietro molte porte chiuse, lontano dagli occhi accadono cose che non dovrebbero accadere. La tortura è una di queste … e può accadere in ogni paese del mondo …”.

La citazione è tratta dal video dell’OPCAT (Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumane o degradanti), proiettato mercoledì 10 luglio presso la Sala Vigone del Consiglio Regionale del Piemonte a Torino. Preludio alla presentazione del secondo volume di Norme e normalità dedicato alla privazione della libertà delle persone migranti a cura del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Un paio di minuti intensi aperti e chiusi dall’animazione di un aquilone rosso che accompagna le immagini che scorrono sullo schermo e illustrano la voce fuori campo.

Parole e immagini che ben inquadrano una situazione, quella italiana, dove la detenzione amministrativa appare non più una misura a carattere eccezionale, ma sembra diventata una regola, un deterrente rispetto all’atto del migrare prospettando ai migranti una potenziale sofferenza individuale basata sulla privazione della libertà.

La nuova pubblicazione di Norme e Normalità, la prima pubblicata lo scorso anno era riferita all’ambito dell’esecuzione penale detentiva degli adulti, è la sedimentazione del lavoro di osservazione diretta e delle conseguenti raccomandazioni nel corso di tre anni (2016 – 2018) da parte dell’Ufficio Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, nei luoghi dove in Italia si applica la detenzione amministrativa.
Vale la pena ricordarlo e non stancarsi mai di farlo che la detenzione amministrativa, la privazione della libertà per persone migranti, dovrebbe essere utilizzata come estrema ratio, laddove altre strade non sono percorribili, in quanto pone sul terreno dei diritti fondamentali della persona due questioni, di legittimità e delle modalità nelle quali viene attuata. La legittimità pone all’attenzione i confini entro i quali è lecita secondo il diritto internazionale (margini ristretti e come misura di ultima istanza) e la Costituzione (art. 13), le modalità chiamano in causa le regole che disciplinano tale misura, che non devono essere semplicemente replicate dal contesto penale.

I migranti trattenuti sono persone che non hanno commesso alcun reato, ma solo una violazione amministrativa per il fatto di essere entrati o di soggiornare nel territorio italiano in maniera irregolare, oppure hanno già scontato la pena per il reato commesso”.

Introdotto da Massimiliano Bagaglini dell’Unità Organizzativa Privazione della libertà e migranti del Garante Nazionale, il testo si compone di “quattro pilastri, quattro capitoli. I primi tre analizzano la privazione della libertà de iure, la privazione della libertà de facto e i voli di rimpatrio forzato”. Tre raccolte di raccomandazioni che muovendo dalle visite effettuate presso CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio), hotspot e dalla partecipazione ai rimpatri, individuano per ogni contesto le criticità emerse. Tra queste meritano di essere citate in merito ai CPR e alla privazione della libertà de iure (disciplinata dalla normativa nazionale conformemente all’art. 5 lettera f della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) l’inadeguatezza delle condizioni materiali e igieniche dei centri nonché della qualità della vita detentiva, l’assenza di un sistema di registrazione degli eventi critici e l’accentuazione rispetto alla detenzione penale della scarsa permeabilità tra interno ed esterno. Criticità e interrogativi sulla legittimità della detenzione amministrativa appaiono ancora più evidenti nei casi di privazione della libertà de facto (luoghi in cui vi sono persone prive del permesso di allontanarsene – hotspot, navi, ecc.) dove la permanenza sembra contrastare con l’art. 13 della Costituzione e il diritto all’informazione risulta insufficiente. Comunicazione e informazione da rivedere anche per ciò che concerne le operazioni di rimpatrio forzato, per l’insufficienza di mediatori culturali e delle tempistiche di annuncio dell’imminente rimpatrio. Gli Standard per la privazione della libertà delle persone migranti, l’ultimo capitolo, sono invece una sorta di raccolta di linee guida “suggerimenti per risolvere le criticità emerse e riscontrate”, come ha sottolineato Emilia Rossi, componente del Collegio del Garante Nazionale, “standard che sono principi basati sul rispetto dei diritti umani, desunti e formulati da fonti normative primarie. Violare o non osservare le Raccomandazioni, significa trasgredire normative sovranazionali con il rischio di sanzioni e condanne”. “Un percorso condiviso, quello fatto per stilare gli Standard, frutto del lavoro congiunto dell’Ufficio con gli esperti del Garante Nazionale e discusso con organizzazioni ed enti del mondo accademico e della società civile”.

Proprio l’importanza di un percorso condiviso e la legittimità della detenzione amministrativa sono stati i focus del dibattito, moderato da Bruno Mellano, Garante regionale delle persone private della libertà, con protagonisti Guido Savio (ASGI Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e Laura Scomparin (docente di Diritto processuale penale, Dipartimento di Giurisprudenza ,Università degli Studi di Torino). Per il rappresentante dell’ASGI il ruolo del Garante, potrebbe essere ulteriormente rafforzato da una maggiore sinergia tra avvocati, magistratura e garanti e si dovrebbe necessariamente rispondere a due ulteriori criticità: una mappatura dei cosiddetti luoghi idonei per la privazione della libertà de facto e una differente regolamentazione dell’attuale trattenimento a fini identificativi. Secondo Laura Scomparin invece gli standard devono essere la base da cui partire per provare a edificare un progetto di legge. Sottolineando inoltre come “un detenuto, anche straniero, con l’introduzione dell’art. 35 bis nell’Ordinamento Penitenziario, possa rivolgersi a un giudice per la lesione di un diritto fondamentale, ma in un CPR può? A chi si può rivolgere?”, interrogativo che evidenzia ulteriormente come in uno stato democratico la privazione della libertà de facto non dovrebbe esistere.

Il volume è scaricabile gratuitamente il formato Pdf sul sito del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale nella sezione Pubblicazione e Relazioni al Parlamento.

Norme e normalità. Standard per la privazione delle persone migranti – Raccolta delle Raccomandazioni 2016-2018a cura dell’Ufficio Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; Roma 2019; pp.120

G. B.

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