Venerdì, 02 Ottobre 2020 10:34

La privazione delle semplici cose

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La privazione delle semplici cose in carcere è un tema molto vasto e difficile da affrontare. Bisogna immaginarsi che quando si entra in carcere è come se una persona si spogliasse del tutto per immergersi in un altro mondo fatto di contenimento e regole che a volte possono essere incompressibili al primo impatto, ma a volte risultano utili per prevenire situazioni che possono essere pericolose.

Con il tempo ci si abitua e tutto ciò che all’inizio sembra anomalo diventa una visione vincolante, perché quando si entra nell’Ufficio Matricola si viene letteralmente spogliati di qualsiasi indumento e di ogni cosa che possa rappresentare o mettere in pericolo la sicurezza del detenuto o della struttura.

Un episodio che mi ha segnato e che ho fatto fatica a capire riguardava la cintura dei pantaloni, la fibbia era più grande dei 5 cm. consentiti e l’orologio, inadeguato poiché non era in plastica e trasparente, che non ho potuto portare con me. All’inizio non capivo, ma con il passare degli anni ho compreso che le situazioni in cui ci troviamo o gli oggetti più insignificanti, per quanto si possa pensare che siano innocue o non rivestano alcuna rilevanza, in un secondo momento possono risultare pericolose.

In carcere tanta libertà di scelta non si ha, cose a cui una persona libera neanche pensa, i beni di prima necessità, il vestiario, i prodotti per l’igiene intima, i pasti quotidiani, dietro le sbarre non sono scontati o soggetti al libero arbitrio e sono cose che fanno differenza per un detenuto.

Quello che pesa di più è comunque la privazione degli affetti, dove a pagarne le conseguenze maggiori sono i più piccoli, cioè i figli. La mancanza di un gesto di affetto, le piccole attenzioni che per i bambini sono sempre quasi tutto, in carcere non sono permessi, creando in questo modo un vuoto emotivo e interiore da entrambi le parti. Mancanza che si aggrava sempre di più fino ad alterare ulteriormente lo stato psico-fisico del detenuto e dell’intera sua famiglia.

L’unica libertà che è concessa senza troppi vincoli, fin da subito è scrivere, comunicare tramite carta, mandare e ricevere corrispondenza, ma anche questo atto con il tempo perde valore.

Non bisogna ragionare soltanto attraverso gli stereotipi, pensando che il detenuto goda già di molti privilegi, come la televisione, o per alcuni la possibilità di studiare e di praticare sport, si dovrebbe avere più consapevolezza che chi ha sbagliato deve avere l’opportunità di migliorarsi, di riconciliarsi con la società e per fare questo deve poter mantenere i rapporti con i propri familiari e la società civile.

M.A. P.

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