L’adattamento fa parte del DNA umano e cosi anche i detenuti si adattano.
In momenti in cui l’esistenza diventa incerta, dove la paura la fa da padrona, tensione e preoccupazione sono percepite più del solito. Tutto ciò si respira nell’aria, dove aleggia un senso di non sapere cosa si deve fare per affrontare al meglio la situazione.
Con il lockdown e le zone rosse tutti i progetti e le attività che producono assembramento, o possono essere fonte di contagio, sono state sospese. Un provvedimento sicuramente necessario, ma per i detenuti un danno. Alcuni di noi sono scombussolati da tutto ciò, e a volte non si riconoscono più, altri invece cucinano in continuazione, altri ancora si dedicano più del solito all’attività fisica. Reazioni diverse in un contesto comune che fanno capire l’essenzialità di tutte le attività sospese. Una ruotine spezzata, che ti porta a riflettere su come impegnare al meglio il tempo vuoto e a stabilire un nuovo equilibrio per affrontare al meglio questo ostacolo.
La trasformazione della quotidianità in carcere si osserva in particolar modo nel distanziamento.
Alcuni detenuti, me compreso, sono molto attenti a questa misura e questo causa una diffidenza maggiore tra di noi. Passando il maggior tempo soli, a svolgere le attività che ognuno preferisce, per allontanare via i pensieri negativi, si cerca di reinventarsi per trovare benessere o almeno qualche momento di distrazione.
La situazione può essere osservata da più prospettive, ma la domanda è sempre la stessa: ”Come si fa a mantenere il distanziamento in un posto sovraffollato?”, non si può attuare una norma del genere in un contesto detentivo, salvo le eccezioni di alcune sezioni e celle dedicate all’isolamento fiduciario.
Per quanto riguarda la concessione dei benefici di legge che tutti i detenuti sperano e ambiscono prima o poi ad ottenere, in questo momento rappresentano un vero problema, e nessuno sa come affrontarlo.
Adesso le aspettative non devono essere troppo azzardate “dice qualcuno”. Aspettare e ancora aspettare per l’assestamento della situazione in attesa di migliori condizioni, sembra essere la miglior risposta o la cura più efficace in questo e forse anche in altri momenti a venire.
Un pensiero è inoltre necessario rivolgerlo anche alle persone recluse con maggiore fragilità, come gli anziani o chi è diversamente abile, esposte di più al rischio del contagio. Queste si trovano in una situazione in cui non possono scegliere in nessun modo, mettendo così a repentaglio la propria vita.
Una condizione dove non si ha spazio di manovra per poter cambiare qualcosa nella routine quotidiana per sfuggire a questo dramma.
Redazione