Il 3 giugno 1989 nel carcere delle “Vallette”, trecento materassi circa erano ammassati sotto le finestre della sezione femminile dell’Istituto. “Arredi” infiammabili che presero fuoco, causando la morte di undici donne.
Una pagina dolorosa dovuta “all’incuria e al modo in cui si gestivano, all’epoca, le carceri, luoghi inadeguati per espletare il mandato costituzionale della rieducazione del detenuto” come ha ricordato il Dott. Domenico Minervini - Direttore della Casa Circondariale di Torino “Lorusso e Cutugno”. Durante il rogo ad adoperarsi nel tentativo di aprire le celle furono le agenti Maria Grazia Casazza e Rosetta Sisca. Sforzo nel quale morirono insieme a nove detenute donne. Episodio tragico a cui sono seguiti “decenni prima che i cambiamenti intrapresi per rispettare il dettame costituzionale portassero a cercare di garantire sicurezza e vivibilità all’interno di un carcere” sottolinea il Dott. Minervini.
Un’opera che il carcere di Torino persegue da tempo con l’obiettivo di umanizzare la detenzione attraverso numerosi progetti e trasformazioni. Come fatto ad esempio con il progetto “Spazi Violenti”, iniziativa che tra il 2015 ed il 2016 ha visto il coinvolgimento dell’Amministrazione Penitenziaria, del Politecnico di Torino, dell’Università degli Studi di Torino e di numerose realtà del terzo settore altre realtà per la riqualificazione di alcuni spazi. Tra questi la creazione di un’area verde per i colloqui tra detenuti e i familiari, in particolare i bambini. Anche in quell’occasione, in sinergia con l’associazione Sapereplurale e l’atelier Luparia, si è ricordato il 3 giugno 1989, realizzando un laboratorio con le “ospiti” della sezione femminile dell’Istituto torinese e ricavando dai dipinti creati dalle donne dei teli per l’ombreggiatura del giardino, in ricordo delle undici donne decedute.
Una situazione quella delle carceri italiane che continua a presentare ”profili che vanno migliorati” ha ricordato durante la cerimonia il Direttore del DAP – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Santi Consolo, rivolgendosi ai Garanti delle persone private della libertà, regionale e del Comune di Torino, Bruno Mellano e Maria Cristina Gallo, intervenuti alla cerimonia “che in maniera puntuale segnalano questi profili collaborando con tutte le aree dell’Amministrazione impegnate”.
Impegno quello dell’Amministrazione volto anche alla ricerca e realizzazione di idee innovative come nel caso dell’I.C.A.M. L’Istituto di Custodia Attenuata per Madri che per Santi Consolo rappresenta un’avanguardia italiana in Europa nonostante “le I.C.A.M. non siano presenti in tutte le regioni italiane, la disponibilità di posti è superiore alla presenza di donne madri detenute”. Un esempio sulle possibilità di “lavorare con nuove progettualità e le idee si possano realizzare anche in regime di spending review, come nel caso di Torino. “Questa una nuova I.C.A.M. nasce infatti dall’idea di utilizzare gli appartamenti destinati al disciolto corpo dei marescialli, utilizzando in economia strutture già esistenti, riuscendo a realizzare una struttura bella, affidabile e sicura”, la conclusione del Direttore del D.A.P. prima di svelare la targa in memoria di Maria Grazia Casazza e la consegna del decreto di intitolazione ai familiari della stessa.
G. B.