Si dice che “chi si accontenta gode” e mai termine, fu più azzeccato come in carcere.
Quando sei detenuto, tendi sempre a vedere il bicchiere mezzo vuoto, un po’, per lo stato di cattività in cui si è costretti, e un po’ per lo stile di vita fatto d’esagerazioni, forzature vissuto durante l’esistenza fuori, prima della detenzione. È proprio con queste giustificazioni, che, la maggior parte dei detenuti, motiva questa cattiva abitudine, facendo in altre parole una superficiale e scontata analisi del problema.
Con il tempo, mettendoci del proprio, si capisce che il problema è più profondo di quel che sembra. E cioè che questo eterno senso d’incompiuto e d’insoddisfazione, ti rende insensibile e apatico alla vita e alle sue molteplici dinamiche quotidiane, dal vivere bene e onestamente con gli altri al vivere bene e onestamente con se stessi. Condizioni indispensabili, per un’esistenza corretta e concreta, che non può avere motivazioni scagionanti, né tantomeno alternative di nessun tipo, per essere vissuta nella sua pienezza e anche nella sua vera bellezza.
Personalmente ho fatto mio il concetto del vivere bene e onestamente, solo quando ho imparato ad accettare i miei limiti e le mie diversità, come un valore aggiunto. Questo, mi ha permesso, di potermi distinguere dalla massa, ma in modo diverso però, non più commettendo crimini per differenziarmi, bensì imparando, comprendendo e infine attuando l’unico mezzo in grado di dare quella soddisfazione e quella completezza indispensabile a una buona e corretta condivisione della vita con se stessi e con gli altri. La comunicazione, argomentare per sostenere pensieri, accettare idee diverse dalle mie, studiare e leggere per essere più informati e saperne un po’ di più.
D’altra parte, non è per niente semplice, imparare a essere soddisfatti, quando si ha talmente poco, come nel nostro caso, da essere nella realtà quasi nulla. Eppure sono convinto che sia proprio in ambienti duri ed estremi come questo, che una persona debba davvero trovare una forza profonda e duratura con la propria mente, riuscendo ad abbattere quel muro di frustrazioni che lo incatena a falsi miti: le belle automobili, l’abito firmato, il denaro. Anche se ammetto che il prezzo da pagare per far questo, sia, in questo luogo, molto caro e doloroso, sono comunque convinto che ciò ci possa comunque rendere delle persone più giuste e appagate, permettendoci di iniziare veramente un percorso, che non solo può insegnarci l’arte del saperci accontentare, ma addirittura il metodo di imparare a bastarsi e a completarsi come uomo e come membro attivo di una comunità civile.
C. D. B.