Viene in mente questa citazione tratta dal libro “Chourmo” di Jean Claude Izzo nel commentare quella che secondo noi è una delle più intense serie televisive degli ultimi tempi.
Il protagonista, figlio di genitori Pakistani, nato in America è il classico esempio d’integrazione ben riuscita.
Frequenta con successo il College, ha amici che nulla hanno a spartire con la criminalità, e con i classici problemi post-adolescenziali con l’altro sesso. Ma una sera cambia tutto: passa la notte con una ricca e problematica ragazza bianca, sua coetanea e al mattino si risveglia con lei nel letto trucidata da decine di coltellate. Su di lui, anche molto per merito suo, ricadono tutti gli indizi di colpevolezza e le puntate si snodano nel ripercorrere minuziosamente gli avvenimenti di quella sera e le vite nascoste dei due protagonisti portati per mano da due avvocati fuori dagli schemi.
Non spoileriamo nulla, ma nell’ultima puntata, dalla lunghezza di un film, sbocciano tutti gli interrogativi che hanno intrigato noi, ossia, la verità coincide con la giustizia? Come si forma il colpevole nell’opinione pubblica? Il carcere a cosa serve? È solo una discarica sociale che imbruttisce le persone? Se analizzassero al microscopio la vita di ognuno di noi cosa ne uscirebbe?
Gli autori della serie non cercano di propinarci il loro ideale, ma ci offrono una scenario intenso e realistico sul quale riflettere .
Redazione