Iniziamo naturalmente con l’evento promosso da Eta Beta Scs e Letter@21, all’interno del programma ufficiale del SaloneOFF. Un tema quello delle paure percepite e delle possibili soluzioni per superarle illustrato presso il Salone della Casa Valdese di Torino da ospiti d’eccezione Bruno Mellano Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della liberta della Regione Piemonte, la Pastora della Chiesa Valdese responsabile del progetto Corridoi Umanitari, Maria Bonafede e Nadia Lambiase Presidente dell'Associazione Pop Economix, esperta di economia civile e finanza etica. A tenere le fila del confronto il Direttore di Letter@21 Paolo Girola.
Un mondo dove le carceri non siano sovraffollate, dove chi fugge da situazioni di guerra, persecuzioni, carestie non debba essere trattenuto è possibile? Si può ampliare la platea di coloro che usufruiscono di pene alternative alla carcerazione, ricordando che la pena deve essere orientata alla rieducazione? A risponderci è Bruno Mellano.
“I numeri dell’immigrazione irregolare sono aumentati in questi anni, ma l’attuale normativa che regola il trattenimento pone dei problemi costituzionali. Sostanzialmente siamo di fronte ad una detenzione, che non si può chiamare così, in quanto è un fermo amministrativo, per non risultare incostituzionale. Il Decreto Minniti – Orlando – che istituisce i CPR in sostituzione dei vecchi CIE – prevedeva una risposta ad una delle sollecitazioni europee in tema di immigrazione - estensione della rete dei centri per i migranti irregolari – ipotizzando un centro per ogni regione. La situazione attuale è molto lontana da questo. Per quanto riguarda le carceri, nei 13 istituti piemontesi sono attualmente reclusi più di 4000 detenuti il che significa un relativo sovraffollamento, certo rispetto al pre “Torreggiani”, nel 2010, quando erano circa 10000 le persone recluse in Piemonte, qualcosa è cambiato, ma questo significa e dimostra come non sia più possibile un’esecuzione penale completamente avulsa dal tessuto sociale e territoriale. Basti pensare al dato nazionale dove sono circa 58000 i ristretti, a cui vanno aggiunti altre 51000 persone in esecuzione penale esterna, numeri comprensivi di chi ha commesso reati puniti dal codice stradale. Cifre che se sfrondate da questo dato evidenziano come siano circa 39000 le persone che stanno scontando una pena in un contesto che non necessariamente è il carcere. Ecco in questo modo si possono creare concretamente delle opportunità di reinserimento e agire sui costi sociali, il sistema penitenziario italiano è il più caro e con i maggiori tassi di recidiva d’Europa. Una scommessa questa, ma con buone probabilità di successo, lo dicono i numeri. Ed il sistema, per rispondere alle paure deve sapere leggere i disagi della società”.
Sicuramente la società oggi, almeno in larghi strati, percepisce l’immigrazione come una delle grandi paure che scuotono l’Europa, provocando reazioni come il sovranismo ed il nazionalismo, alimentando e costruendo muri, non solo fisici, ma soprattutto mentali. E forse è necessario promuovere altri valori provare nuove soluzioni? Risponde Maria Bonafede.
“Credo che un aneddoto riferito al 2013 sia esemplare in tale senso. Quando visitai l’allora CIE di Torino. La cosa peggiore che abbia visto, simile per certi versi alla detenzione dei migranti in Libia. Non sai quanto vi starai, né se sei condannato. Eppure masse umane che prendono, partono, affondano o arrivano sulle nostre coste con i barconi, continuano a esserci. Proprio per rispondere a questo abbiamo provato l’esperienza dei Corridoi Umanitari – un progetto della Fcei (Federazione delle Chiese evangeliche in Italia) in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e finanziato dall'Otto per mille della Chiesa valdese per cui la Diaconia Valdese (CSD) ha cominciato a dare ospitalità, a Torino ed in altre città italiane, alle famiglie siriane giunte dal Libano. I Corridoi Umanitari, hanno permesso l’arrivo di 1000 persone tra il 2015 ed il 2016. Nel 2018 è stato rinnovato il Protocollo con il Governo che prevede l’arrivo di altre 1000 persone in due anni. Una piccola esperienza che però testimonia come la paura si possa sconfiggere provando nuove soluzioni. Basandosi e sviluppando un’opportunità concreta offerta in questo caso dall’articolo 25 del Regolamento (CE) n.810/2009 del 13 luglio 2009, che permette la possibilità di usufruire di “visti umanitari” a persone particolarmente in difficoltà (donne incinta, minori, ecc.). A loro i Corridoi umanitari hanno consentito di trovare un’abitazione – sono stati affittati piccoli o medi appartamenti – l’inserimento scolastico per i minori, e borse lavoro o studio per i maggiorenni”.
A generare tipologie di paure come quelle appena descritte e di cui le possibili risposte tracciate devono tenere conto, sono spesso le diseguaglianze economiche, un filo rosso, cui può provare a dare risposte l’economia civile, come emerge dalle riflessioni di Nadia Lambiase.
“L’economia nasce nel ‘700 in due luoghi. A Nord con Adam Smith e il saggio “La ricchezza delle nazioni”, a sud, e questo è poco conosciuto, a Napoli con Antonio Genovesi, titolare della prima cattedra di economia in Europa, che teorizzava non la ricchezza delle nazioni, ma la felicità pubblica e l’economia civile. Una visione quella di Genovesi che potrebbe apparire come un paradosso - rispetto al sapere diffuso e percepito che si ha dell’economia. Allora come risolvere questo paradosso? Provando a riflettere su altri 5. Voglio essere un uomo economico o relazionale? Nel primo caso perseguendo la ricchezza, che massimizza tutto per il proprio tornaconto, nel secondo cercando la felicità, facendo di noi uomini capaci di relazioni, di sentimenti. Voglio competere o cooperare? Nel primo caso tutti sono nostri nemici perché tutti vanno contro il nostro interesse, nel secondo invece il mutuo soccorso diventa un aiuto per sé e per gli altri. Il mondo è di tutti o di nessuno? Forse è un bene comune. L’economia è una scienza o una religione? A oggi l’economia è considerata la scienza e quindi la religione, ma in realtà a questo si è arrivati per la volontà degli economisti di matematicizzare tutto per non sentirsi i fratelli minori dei colleghi delle scienze pure. Così facendo però si è dovuta operare una grande riduzione, che è diventata l’economia stessa. Privilegio l’etica o l’estetica? C’è anche una terza via, l’economia civile che parla di reciprocità, dove valgono le motivazioni. Lo faccio perché mi piace, non perché mi conviene. In questo modo si introduce la possibilità di scelta, su quando abbandonare e su quanto ciascuno piò dare”.
Tutto questo in fondo lo potremmo tradurre con concertazione sociale, non fermarsi ai luoghi comuni e agli stereotipi, amicizia fra i popoli, solidarietà, reciprocità, motivazioni, mutuo soccorso, concetti e un’idea di agire non così utopici o sconosciuti, piccole, ma possibili, soluzioni applicabili per vincere le nostre paure.
G. B.